Negli ultimi anni, tra alcuni appassionati di riproduzione musicale si è diffusa la convinzione secondo la quale la retroazione negativa sarebbe deleteria in ambito audio. Malgrado questa corrente di pensiero non sia attualmente supportata da prove sperimentali, diversi produttori si sono allineati a questa convinzione dichiarando che alcune loro circuitazioni sarebbero prive di ogni forma retroazione.
Tuttavia, la retroazione negativa si presenta in numerose forme, tanto che è facile dimostrare come qualsiasi circuito ne contenga diverse. In quest’articolo si cercherà di dimostrare come anche i circuiti apparentemente non retroazionati contengano, in realtà, diverse forme di retroazione negativa che sono alla base del loro funzionamento.
1. La retroazione negativa
La retroazione (o feedback) è uno dei processi fondamentali presenti in natura. Grazie ad essa possiamo guidare un’automobile a velocità costante e siamo in grado di coordinare i nostri movimenti. Da essa dipendono il mantenimento della temperatura corporea, il controllo della concentrazione del glucosio nel sangue e il buon funzionamento del sistema immunitario. I malfunzionamenti dei processi biologici di retroazione hanno generalmente conseguenze infauste, perché è proprio grazie ad essi che siamo in grado di regolare le condizioni necessarie alla vita.
Nel 1927, Harold Black inventò il primo amplificatore stabilizzato usando la retroazione negativa. Da allora questa tecnica è stata largamente usata in una vastità di sistemi, non solo elettronici, tanto che è ormai difficile immaginarne uno che ne sia sprovvisto.
Prima di addentrarci negli esempi pratici, può essere utile richiamare rapidamente alcuni semplici concetti teorici. Consideriamo il diagramma a blocchi illustrato nella fig. 1, il quale rappresenta un generico amplificatore con retroazione negativa.
In questo diagramma, il blocco α è quello che fornisce l’amplificazione, mentre il blocco β stabilisce la retroazione. Il parametro α prende il nome di amplificazione ad anello aperto, mentre il parametro β prende il nome di fattore di retroazione. Si noti, inoltre, che ogni segnale x può essere sia una tensione che una corrente.
Osservando il diagramma è possibile ricavare le seguenti relazioni: \[x_i=x_s-x_f\] \[x_o=\alpha x_i\] \[x_f=\beta x_o\] che combinate tra loro, dopo alcuni semplici passaggi, permettono di ricavare l’amplificazione effettiva dell’amplificatore reazionato: \[A_f= \frac{x_o}{x_s}=\frac{\alpha}{1+\alpha\beta} \label{eq:feedback}\]
Quest’equazione è molto importante perché, oltre a definire matematicamente il comportamento di un qualsiasi amplificatore con retroazione negativa, ci permette di quantificare i miglioramenti ottenuti grazie ad essa come:
- la stabilizzazione del guadagno;
- l’estensione della banda passante;
- la riduzione della distorsione;
- l’aumento dell’impedenza d’ingresso;
- la diminuzione dell’impedenza d’uscita.
Questi miglioramenti avvengono in maniera proporzionale al fattore \((1+\alpha\beta)\), che è detto entità di retroazione. La dimostrazione matematica dei punti appena descritti esula dagli scopi di quest’articolo, ma per il momento ci limitiamo a ricordare che l’eq. \eqref{eq:feedback} rappresenta la forma classica alla quale può essere ricondotto qualsiasi esempio di retroazione negativa.
Negli esempi che seguono si dimostrerà come diversi circuiti apparentemente elementari siano in realtà dei sistemi con retroazione negativa che presentano funzioni riconducibili all’eq. \eqref{eq:feedback}.
2. La retroazione negli amplificatori operazionali
I circuiti ad amplificatori operazionali sono degli esempi classici per quanto riguarda lo studio della retroazione negativa. Per esempio, la configurazione non-invertente si presta ad un’applicazione immediata dell’eq. \eqref{eq:feedback}.
Osservando il circuito notiamo infatti che il segnale d’ingresso viene applicato al morsetto non-invertente, mentre quello di retroazione viene applicato al morsetto invertente dopo essere stato attenuato dal partitore costituito da R1 e R2. Sulla base di quest’ultima considerazione, usando la classica formula del partitore possiamo scrivere: \[\beta=\frac{v_f}{v_o}=\frac{R_2}{R_1+R_2}\] per cui possiamo dimostrare come il circuito sia un sistema retroazionato: \[A_f=\frac{\alpha}{1+\alpha\beta}=\frac{\alpha}{1+\alpha\frac{R_2}{R_1+R_2}} \label{eq:opgain}\]
L’amplificazione ad anello aperto, che dipende dal modello di amplificatore operazionale usato, è generalmente molto elevata (per es. vale 105 nel modello NE5534). Proprio per via del suo elevato valore, nelle applicazioni pratiche possiamo quasi sempre assumere \(\alpha\) come infinito, per cui l’eq. \eqref{eq:opgain} si semplifica in: \[\lim_{\alpha\rightarrow\infty}\frac{\alpha}{1+\alpha\frac{R_2}{R_1+R_2}}=\frac{1}{\frac{R_2}{R_1+R_2}}=\frac{R_1}{R_2}+1\]
Sorpresa! La famosa equazione \(A_v=R_1/R_2+1\) comunemente usata per calcolare l’amplificazione di qualsiasi amplificatore non-invertente deriva proprio da una forma semplificata dell’equazione dei sistemi con retroazione negativa.
3. La retroazione negli amplificatori a transistori e a tubi termoionici
Nei circuiti realizzati con componenti discreti possiamo identificare una varietà di forme di retroazione. Una delle forme sicuramente più evidenti è quella che verrà discussa di seguito.
Il circuito in fig. 4(a) rappresenta la versione fondamentale dell’amplificatore ad emettitore comune, che è la configurazione classica con la quale è possibile amplificare un segnale usando un comune transistore bipolare (BJT).
Il calcolo dell’amplificazione di tensione \(v_o/v_s\) del circuito richiede diverse considerazioni che, seppur semplici, appesantirebbero inutilmente la trattazione. Per studiare il circuito in maniera più immediata possiamo limitarci a ricorrere al concetto di transconduttanza, che indica il rapporto tra la variazione della corrente d’uscita del circuito e la variazione della tensione d’ingresso: \[G_m=\frac{i_o}{v_s}\]
Questa è a tutti gli effetti una forma di amplificazione come ogni altra, perché definisce una variazione del segnale d’uscita a fronte di una variazione del segnale d’ingresso.
La transconduttanza del circuito della fig. 4(a) coincide con la transconduttanza del transistore stesso, per cui si ha semplicemente: \[G_m=g_m\] dove gm è la transconduttanza del transistore montato nel circuito.
Pur potendo fornire elevati valori di amplificazione, questo circuito ha l’inconveniente di presentare un’elevata distorsione. Per questo motivo, il circuito di fig. 4(a) non viene praticamente mai usato in ambito audio, dove la fedeltà del trasferimento del segnale è un fattore importante.
Un semplice metodo per risolvere questo inconveniente consiste nel collegare un resistore in serie all’emettitore, come illustrato nella fig. 4(b). L’aggiunta di questo resistore determina una diminuzione dell’amplificazione ottenibile dal circuito (per cui si parla di degenerazione d’emettitore), ma d’altro canto riduce enormemente la distorsione.
Con pochi passaggi matematici è possibile dimostrare che la transconduttanza del circuito vale ora: \[G_m=\frac{g_m}{1+g_mR_E}\] che è proprio nella forma dell’eq. \eqref{eq:feedback}, confermandoci che ci troviamo di nuovo davanti ad una forma di retroazione negativa.
In quest’esempio è evidente un aspetto molto interessante: il miglioramento delle prestazioni ottenuto grazie all’introduzione della retroazione negativa è stato ottenuto sacrificando un po’ di guadagno. In effetti, questo è proprio l’aspetto più significativo della retroazione negativa: si riduce il guadagno (che, se necessario, può essere recuperato facilmente inserendo più stadi amplificatori) in cambio di un notevole incremento delle prestazioni.
È interessante notare che le stesse considerazioni fatte per il circuito ad emettitore comune valgono anche per gli amplificatori a source comune realizzati con transistori ad effetto di campo (FET) e per gli amplificatori a catodo comune realizzati con tubi termoionici. Inoltre, un meccanismo del tutto simile può essere identificato in qualsiasi inseguitore di tensione come l’inseguitore d’emettitore, l’inseguitore di source e l’inseguitore di catodo. In sostanza, qualsiasi amplificatore caratterizzato da una buona linearità (ovvero una bassa distorsione) e un guadagno stabile anche a fronte di variazioni dei componenti è, in qualche modo, un sistema con retroazione negativa.
4. La retroazione nei partitori resistivi
In realtà è possibile trovare un esempio di retroazione negativa in qualsiasi funzione di trasferimento che abbia una somma a denominatore. Un curioso esempio è il partitore di tensione illustrato in fig. 5.
Se vediamo la situazione dal punto di vista della retroazione possiamo notare che, trattandosi di un circuito passivo, il guadagno ad anello aperto del circuito è ovviamente unitario (cioè \(\alpha=1\)). Questo ci permette di ridisegnare il diagramma del sistema omettendo il blocco amplificatore.
Dal diagramma di fig. 6 possiamo ricavare le seguenti relazioni: \[v_o=v_s-v_f \label{eq:part0} \] \[v_f=\beta v_o\]
Esaminando lo schema di fig. 5 possiamo inoltre ricavare: \[v_o=v_{R2}=R_2 i_r \label{eq:part1} \] dove ir è la corrente che scorre nel partitore. L’eq. \eqref{eq:part0} ci permette anche di scrivere: \[v_f=v_{R1}=R_1 i_r \label{eq:part2}\] per cui, dalle eqq. \eqref{eq:part1} e \eqref{eq:part2}, il fattore di retroazione vale: \[\beta=\frac{v_f}{v_o}=\frac{R_1}{R_2}\]
La funzione di trasferimento appare a questo punto nella forma classica dei sistemi con retroazione negativa, cioè: \[A_f=\frac{\alpha}{1+\alpha\beta}=\frac{1}{1+\frac{R_1}{R_2}}\]
Questo è un risultato interessante, perché ci dice che anche il partitore di tensione (per es. un potenziometro) è effettivamente un circuito con retroazione negativa. Da un punto di vista più intuitivo, questo risultato non deve sorprendere se si pensa che la tensione d’uscita viene stabilizzata di un fattore \((1+\alpha\beta)=(1+R_1/R_2)\) nei confronti delle variazioni dell’assorbimento del carico, proprio come ci si attenderebbe in un sistema con retroazione negativa.
A dimostrazione della correttezza del metodo descritto, basta svolgere pochi passaggi per dimostrare che: \[A_f=\frac{1}{1+\frac{R_1}{R_2}}=\frac{R_2}{R_1+R_2}\] che è proprio la forma classica dell’equazione del partitore!
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