Introduzione
I diodi svolgono un ruolo fondamentale negli alimentatori, in quanto prendono parte alla conversione della corrente alternata in corrente continua mediante il processo di raddrizzamento. Tuttavia, il contributo del raddrizzatore al rumore complessivo del sistema è spesso sottovalutato. Infatti, gli impulsi di corrente che attraversano i diodi ad ogni ciclo di ricarica rappresentano una sorgente di rumore primaria, capace non solo di propagarsi sulle linee di alimentazione, ma anche di accoppiarsi con i circuiti circostanti.
Per mitigare questi problemi, i progettisti selezionano particolari tipologie di diodi (per esempio, diodi fast-recovery, soft-recovery, o Schottky) e adottano accorgimenti come aggiungere condensatori in parallelo ai diodi o a reti di snubbing. Ma quali soluzioni sono realmente efficaci? In questo articolo, descriveremo dettagliatamente il ruolo dei diodi nelle prestazioni di rumore degli alimentatori, mostrando esempi pratici utili alla progettazione degli alimentatori audio.
Il problema delle correnti impulsive nei diodi
I diodi sono percorsi da picchi di corrente ad ogni ciclo di ricarica dei condensatori di livellamento. Queste rapide variazioni di corrente generano campi magnetici variabili nel tempo che possono causare accoppiamenti induttivi indesiderati con altri circuiti. Questo fenomeno, descritto dalla legge di Faraday, genera tensioni indotte nei circuiti vicini, degradando la qualità del segnale. Inoltre, queste variazioni di corrente possono anche innescare accoppiamenti capacitivi mediante trasferimenti di carica indesiderati, specialmente nei punti ad alta impedenza.
Se prendiamo d’esempio un alimentatore che fornisce una corrente continua di soli 0,75 A, possiamo osservare picchi di corrente sui diodi di circa 6 A. Tuttavia, non è l’intensità della corrente in gioco a causare i disturbi, ma la rapidità della sua variazione (ossia la sua derivata \(dI/dt\)): questa grandezza può raggiungere valori di 10 kA/s, ed è alla base dei fenomeni di accoppiamento indesiderati capaci di propagare disturbi dei circuiti circostanti.

Metodo sperimentale: la bobina di Rogowski
La bobina di Rogowski è un dispositivo che permette di misurare in modo piuttosto diretto la variazione di corrente \(dI/dt\) in un conduttore senza bisogno di interrompere il circuito.

Questo dispositivo è costituito da un filo avvolto a spirale su se stesso e ripiegato ad ansa attorno al conduttore nel quale si intende effettuare la misura. La tensione che si sviluppa ai suoi capi è direttamente proporzionale alla derivata temporale della corrente. In altre parole, questa bobina è praticamente un sensore per i disturbi irradiati dotato di due grandi vantaggi: grazie all’assenza di nuclei ferromagnetici, non soffre di problemi di saturazione, mentre la sua bassa induttanza permette di ottenere una risposta in frequenza molto estesa.

Il tipo di diodo incide sul picco di corrente?
Per rispondere a questa domanda, sono state effettuate misure su 10 tipi di diodi, includendo:
- diodi a giunzione PN (normali e fast-recovery);
- diodi Schottky;
- diodi soft-recovery.
L’obiettivo dell’esperimento era verificare se esistessero differenze tra i vari tipi di diodi utilizzati in alimentatori di media potenza nei confronti dell’intensità dei picchi di corrente, e di conseguenza nella loro inclinazione a propagare disturbi per accoppiamento magnetico o capacitivo.
Le misure effettuate nelle condizioni sperimentali di bassa frequenza (50 Hz) mostrano che tutte le tipologie di diodi presentano andamenti di corrente simili, con derivate di circa 8 kA/s in media. Il valore più basso (circa 4 kA/s) è stato riscontrato in un solo diodo (BYM26A), ma questo è certamente da imputarsi alla maggior caduta di tensione diretta osservata rispetto agli altri diodi, che riduce la corrente sul carico, e non ad una tendenza intrinseca a ridurre la variazione di corrente.

In definitiva, questi risultati suggeriscono che negli alimentatori a bassa frequenza e bassa potenza, la tipologia di diodo non incide significativamente sulle caratteristiche dei picchi di corrente di ricarica dei condensatori. Questo non deve stupire, dal momento che il tempo di recupero inverso di diodo (in genere, nell’ordine dei 10 µs) è estremamente breve rispetto all’angolo di conduzione (circa 5 ms). Tuttavia, questa è solo una faccia della medaglia.
Il problema degli spike sul secondario
Nella prima parte di questo articolo, abbiamo visto che in un alimentatore a bassa frequenza, qualsiasi diodo si comporta praticamente allo stesso modo per quanto riguarda la corrente impulsiva di ricarica del condensatore. La situazione cambia quando si analizza la tensione sul secondario del trasformatore.

Durante la ricarica del condensatore, l’avvolgimento secondario viene percorso dalla corrente (traccia viola) che energizza l’induttanza dispersa nel trasformatore (generalmente nell’ordine dei 0,1-1 mH). Non appena il diodo smette di condurre, l’energia accumulata nell’induttanza viene rilasciata in accordo alla legge di Lenz, generando uno spike visibile sulla tensione del secondario (evidenziato in rosso).

Se ingrandiamo l’oscillogramma, vediamo che questo spike è seguito da oscillazioni smorzate (fig. A). Queste oscillazioni dipendono principalmente dall’induttanza e capacità parassite del trasformatore e dalla capacità di giunzione del diodo. Per fortuna, esistono alcune soluzioni per ridurre questo fenomeno.

In questo caso, la tipologia di diodo fa la differenza. Per esempio, un diodo veloce come l’1N4936 riduce notevolmente l’ampiezza dello spike rispetto ad un diodo tradizionale (vedi fig. B).
Un’altra soluzione piuttosto comune consiste nel collegare un condensatori da circa 10 nF in parallelo ai diodi. Sebbene questo non modifichi l’ampiezza delle oscillazione, la loro frequenza viene notevolmente ridotta (fig. C).
Una soluzione ancora più efficace consiste nel collegare una rete di snubbing in parallelo al secondario. Questa rete, costituita da una resistore in serie ad un condensatore, dissipa l’energia immagazzinata nell’induttanza dispersa del trasformatore, eliminando efficacemente lo spike e assicurando una commutazione pulita (fig. D). Naturalmente, il condensatore non deve presentare un’eccessiva induttanza interna, e il resistore deve essere capace di gestire la potenza da dissipare senza danneggiarsi.
Conclusioni
La progettazione degli alimentatori audio a basso rumore segue troppo spesso dei criteri basati su preconcetti diffusi piuttosto che su dati reali. In questo articolo, speriamo di aver fornito diverse soluzioni robuste, basate su osservazioni pratiche, capaci di indirizzare il progettista verso scelte più consapevoli.
In particolare, in questo articolo abbiamo dimostrato che la tipologia di diodo impiegato può influire sulla presenza degli spike di tensione sul secondario del trasformatore, mentre non impatta sull’entità dei picchi di corrente associati alla ricarica dei condensatori di livellamento. In questo senso, i diodi veloci risultano più utili dei diodi normali nel ridurre gli spike di tensione sul secondario, ma non hanno effetto sui picchi di corrente.
Tuttavia, l’uso di diodi veloci non è l’unica soluzione per gli spike di tensione sul secondario. L’aggiunta di condensatori in parallelo ai diodi, o di una rete di snubbing in parallelo al secondario del trasformatore, possono offrire una soluzione definitiva al problema a fronte di una complessità circuitale trascurabile.
Lascia un commento