I preamplificatori phono e le reti RIAA

Fino agli anni ’80 del Novecento, il disco in vinile ha rappresentato il principale supporto per la riproduzione audio. Nonostante lo sviluppo di supporti più innovativi, il disco in vinile mantiene ancora vivo l’interesse di innumerevoli appassionati.

La produzione dei dischi in vinile inizia con la preparazione di una matrice. Questa viene prodotta mediante un fonoincisore, un particolare tornio capace di incidere un solco a spirale modulato da un segnale audio. Questo solco presenta lo stesso andamento che si ritroverà nel disco in vinile finale, che potrà essere letto da un fonorivelatore che lo convertirà in un segnale audio.

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Fig. 1 – Microsolco di un disco in vinile

 La polvere, le cariche elettrostatiche ed i graffi sono i principali responsabili del rumore di fondo che si presenta durante la lettura del supporto. Un disco in vinile in buone condizioni raramente presenta un rapporto segnale/rumore migliore di 45 dB.

Una testina, dotata di uno stilo capace di introdursi all’interno dei solchi seguendone l’andamento, converte lo spostamento meccanico in un segnale elettrico. Per eseguire questa conversione, le prime testine impiegavano un materiale piezoelettrico che, deformandosi sotto l’azione dello stilo, generava una differenza di potenziale. Le moderne testine impiegano invece un sistema costituito da un magnete e da una bobina: qui è la variazione del flusso magnetico a generare la forza elettromotrice. Queste testine sono pertanto di tipo elettromagnetico.

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Fig. 2 – Foto macro dello stilo di una testina fonorilevatrice per giradischi

  Sulla base del meccanismo adottato dalla testina per produrre i segnali elettrici, è possibile distinguere le testine di tipo a magnete mobile (MM) e le testine di tipo a bobina mobile (MC).

Le testine a magnete mobile sono costituite da un piccolo magnete saldato all’estremità più interna dello stilo che viene messo in movimento dai solchi presenti sul disco in vinile. Muovendosi, tale magnete induce una corrente in alcune bobine fissate all’interno del corpo della testina. Il segnale generato da questi dispositivi è dell’ordine dei 5 mV. L’immagine seguente raffigura l’interno di una testina a magnete mobile, dove sono ben visibili gli avvolgimenti delle bobine che qui sono fissati al corpo della testina.

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Fig. 3 – Costruzione interna di una testina a magnete mobile; il foro di destra accoglie lo stilo intercambiabile

Nelle testine a bobina mobile, la parte fissa è il magnete, mentre le bobine sono saldate all’estremità interna dello stilo e si muovono con esso. Data la minor dimensione delle bobine, la loro tensione di uscita è generalmente dell’ordine delle centinaia di microvolt, mediamente 500 µV.

La tecnologia costruttiva di queste distinte tipologie ha raggiunto risultati qualitativi tali che entrambe le soluzioni siano ancora diffuse in commercio. Per esempio, l’elevata tensione d’uscita e la possibilità di sostituire lo stilo delle testine a magnete mobile, si trova a concorrere con la miglior risposta in frequenza delle testine a bobina mobile, che però sono assai più delicate e richiedono una maggior amplificazione del segnale.

1. L’amplificazione del segnale

Per via della piccola ampiezza del segnale generato da una testina magnetica, la prima funzione di un preamplificatore fonografico è quella di amplificare il segnale generato dalla testina. Per ottenere un segnale d’uscita a livello di linea (generalmente compreso tra 0,3 e 0,5 V), è quindi necessario un guadagno di circa 40 dB per le testine a magnete mobile e di circa 60 dB per quelle a bobina mobile. Visto il basso livello del segnale da amplificare, è essenziale che il preamplificatore fornisca un basso rumore. Inoltre, il preamplificatore deve applicare fedelmente un’equalizzazione, standardizzata dalla RIAA (Recording Industry Association of America), per riprodurre correttamente il messaggio sonoro originario.

2. L’equalizzazione RIAA

Durante la creazione del master che servirà alla stampa di una serie di dischi in vinile, un trasduttore meccanico, montato su uno speciale tornio, pilota uno stilo che incide fisicamente i solchi sul master in funzione dal segnale audio d’origine. Data la considerevole estensione della banda di frequenze dello spettro audio, se non si prendessero opportuni accorgimenti, quest’incisione richiederebbe un’eccessiva profondità e larghezza del solco alle basse frequenze, mentre alle alte frequenze si avrebbero solchi talmente sottili che ogni piccola imperfezione determinerebbe un peggioramento inaccettabile del rapporto segnale/rumore.

Da quest’esigenza tecnica, si ha la necessità di ricorrere ad un’equalizzazione del segnale audio di partenza, mediante la quale viene ridotta l’ampiezza associata ai segnali a bassa frequenza, mentre viene aumentata quella associata ai segnali a frequenza più alta, affinché sia possibile poter sfruttare il supporto in maniera ottimale. Per questo motivo, in fase di lettura del supporto è necessario effettuare l’operazione contraria al fine di ottenere nuovamente il messaggio sonoro originario.

Questo ha comportato la standardizzazione, da parte della RIAA, di una precisa curva d’equalizzazione. L’accuratezza con la quale il segnale viene equalizzato è determinante ai fini della fedeltà della riproduzione; le normative IEC stabiliscono che l’errore massimo per gli apparecchi ad alta fedeltà sia inferiore ±1 dB.

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Fig. 4 – Curva RIAA

Il grafico raffigura la riposta in frequenza di un preamplificatore RIAA (destinato alla riproduzione). L’attenuazione alle basse frequenze e l’esaltazione alle alte frequenze applicate prima della masterizzazione del disco, che sono opposte a quelle riportate nel grafico, vengono così perfettamente compensate.

3. Il preamplificatore RIAA

In ogni preamplificatore RIAA possono essere identificati alcuni stadi fondamentali, in particolare uno stadio d’ingresso, uno o più stadi amplificatori ed una rete d’equalizzazione RIAA.

3.1 Lo stadio d’ingresso

Lo stadio d’ingresso rappresenta il primo blocco di un amplificatore fonografico. Questo stadio d’ingresso è in genere costituito da un parallelo tra un resistore ed un condensatore e ha il compito di permettere il corretto interfacciamento della testina.

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Fig. 5 – Stadio d’ingresso di un preamplificatore phono

\(R_1\) costituisce la resistenza di carico della testina e vale normalmente 47 kΩ, ma può essere ridotto ad un centinaio d’ohm o meno per le testine MC. \(C_1\) rappresenta la capacità di carico della testina, il cui valore è generalmente compreso tra 100 e 500 pF dipendentemente dalle caratteristiche della testina impiegata. La funzione di tale capacità è quella di risuonare con la testina magnetica alle alte frequenze (intorno ai 15-22 kHz), correggendone la risposta in frequenza. Al fine di ottenere la miglior risposta in frequenza possibile, è necessario che la capacità di carico della testina corrisponda al valore suggerito dal produttore di quest’ultima.

3.2 Lo stadio d’equalizzazione e amplificazione

L’equalizzazione del segnale secondo lo standard RIAA viene effettuata mediante una particolare rete di correzione, composta da componenti passivi collegati opportunamente tra loro in modo da realizzare la funzione di trasferimento desiderata. Le più diffuse reti di equalizzazione sono comunemente definite attive e passive, rispettivamente a seconda che si trovino in retroazione in uno stadio amplificatore o che siano delle reti passive prive di amplificazione collegate tra due stadi amplificatori. Esistono anche soluzioni alternative dove le reti vengono suddivise in più stadi, alcuni attivi e altri passivi.

3.3 La rete passiva

La rete passiva più comune è quella riportata figura. Consiste in una rete costituita da due resistori e due condensatori, che vengono interposti tra due stadi amplificatori (che permettono anche l’adattamento di impedenza).

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Fig. 6 – Rete RIAA passiva

Il principale svantaggio di questa rete è dovuto ad un certo peggioramento del rapporto segnale/rumore. Infatti, è spesso necessario scegliere \(R_1\) di elevato valore (p. es. svariate decine di chiloohm) per non sovraccaricare lo stadio precedente. Conseguentemente, il suo elevato valore costituisce una fonte significativa di rumore termico che, sovrapponendosi al segnale, può limitare il rapporto S/N del circuito.

Inoltre, questa rete introduce un’attenuazione di circa 20 dB ad 1 kHz, che deve essere recuperata dagli stadi amplificatori. Questo impedisce di sfruttare appieno la dinamica degli amplificatori, ponendo limitazioni sull’headroom.

D’altro canto, è generalmente di più semplice progettazione nei circuiti a componenti discreti perché non va inserita in retroazione, e questo ne giustifica la diffusione.

3.4 La rete attiva

Gli stadi equalizzatori attivi impiegano una rete in retroazione su uno stadio amplificatore. Questa rete permette di ottenere facilmente un elevato rapporto S/N, perché è possibile impiegare resistenze di basso valore.

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Fig. 7 – Rete RIAA attiva in configurazione non invertente

Con questo tipo di rete è anche possibile impiegare un unico amplificatore operazionale, in quanto la rete attiva non richiede alcun ulteriore adattamento di impedenza successivo (cosa necessaria, invece, con le reti passive). Tuttavia, malgrado la configurazione non-invertente sia la più vantaggiosa dal punto di vista della semplicità e, in prima approssimazione, del rumore, essa ha l’inevitabile conseguenza di impedire la corretta risposta alle frequenze ultrasoniche. Questo accade perché la configurazione non invertente non può avere amplificazione inferiore all’unità. Pertanto il guadagno non può scendere continuamente fino a valori inferiori a 0 dB, come invece dovrebbe teoricamente essere.

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Fig. 8 – L’equalizzatore RIAA non invertente non è in grado di fornire la corretta attenuazione alle frequenze ultrasoniche

Ovviamente, la presenza di questo errore non crea particolari problemi sulla risposta in frequenza in banda audio (con un’accurata progettazione è facile garantire un’elevata accuratezza entro la banda udibile), ma possono nascere alcune problematiche nel caso degli amplificatori per testine a bobina mobile che richiedono un’elevata amplificazione. Infatti, data la loro bassa impedenza alle alte frequenze, in fase di lettura queste testine possono generare segnali spuri con frequenze all’ordine dei 150 kHz, che verrebbero amplificati dai successivi stadi amplificatori senza subire la corretta attenuazione. Questo potrebbe generare delle distorsioni dovute alle limitazione dello slew rate dei circuiti amplificatori, che potrebbero comparire anch in banda audio.

Per questi motivi, la configurazione non-invertente con rete in retroazione è raccomandabile per la realizzazione di circuiti amplificatori per testine a magnete mobile che, con la loro banda passante limitata intorno ai 20 kHz non causano alcun problema alle frequenze ultrasoniche.

Una soluzione al problema potrebbe essere quello di usare la configurazione invertente (Fig. 9), che consente un guadagno inferiore all’unità e può quindi seguire la corretta curva RIAA anche alle frequenze ultrasoniche, ma questa soluzione ha lo svantaggio di risultare più rumorosa a causa della resistenza R3 in serie al morsetto invertente.

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Fig. 9 – Rete RIAA attiva in configurazione invertente

Se la resistenza R3, che determina la resistenza d’ingresso del circuito, vale 47 kΩ, il suo rumore di origine termica determina un peggioramento di circa 13-18 dB sul rapporto S/N rispetto alla configurazione non-invertente. Predisponendo un adattatore d’impedenza è possibile ridurre il valore di R3, diminuendo quindi il rumore termico.

3.5 Rete RIAA a due stadi

Una raffinata soluzione al problema dell’attenuazione alle alte frequenze consiste nella tecnica di usare due reti successive, una attiva per le basse frequenze ed una passiva per le alte frequenze.[1] Questa tecnica, poco diffusa per la sua maggiore complessità, permette di ottenere contemporaneamente una perfetta risposta RIAA, un basso rumore ed un’elevata dinamica d’ingresso.

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Fig. 10 – Rete RIAA ibrida a due stadi

In questo caso, l’equalizzazione RIAA viene eseguita in due parti, una parte attiva in retroazione costituita da R1, R2, C1, C2, ed R3, ed una parte passiva in serie costituita da R4 e C3. In questo modo si risolve il problema descritto nel paragrafo precedente in quanto la rete passiva R4-C3 che si occupa delle alte frequenze (polo a 2122 Hz) permette di seguire correttamente la curva RIAA anche alle frequenze ultrasoniche, che questa volta vengono attenuate correttamente. Un altro vantaggio di questa rete è quello di risultare molto meno rumorosa dell’equivalente versione completamente passiva in quanto le due reti possono assumere impedenze molto basse (R3 è in normalmente all’ordine dei 100 Ω e R4 è all’ordine del kΩ ).

Anche in questo caso, come nel caso delle reti puramente passive, il secondo stadio amplificatore è impiegato anche come adattatore d’impedenza. Gli unici svantaggi di questa rete sono quelli di dover usare un certo numero di componenti ed il dimensionamento è più complesso da mettere a punto; d’altro canto si possono realizzare circuitazioni dalle prestazioni particolarmente elevate.


Commenti

2 risposte

  1. Avatar de angelis gianfranco
    de angelis gianfranco

    Ciao vorrei sapere se vendi il phono finito o kit o soltanto li circuito stampato ? Saluti.

    Deag

  2. Avatar Gianluca

    Ciao niki, una domanda… Nel momento in cui vengono fatte le misure della curva, si prendono i vari valori a determinate frequenze, mi chiedevo… Come si fa a decidere lo scostamento dalla curva ideale? Viene fatta una media di tutte le misurazioni o viene preso in considerazione il valore più lontano dalla curva ideale? Grazie

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